Le 23 immagini inedite vergate da E. Lear (frutto di ricerca da parte dell’Autore) nel corso del suo viaggio in Calabria Ultra nel 1847, sono forse molto di più di semplici schizzi o bozzetti preparatori delle splendide tavole inserite poi nel Journals of a landscape painter in southern Calabria. Alcuni sono dei veri e propri reportages giornalistici con non trascurabili e spesso gustosi risvolti etno-antropologici. Redatti “on the road”, riprendono la quotidianità popolana nella sua schiettezza, senza fronzoli e “messe in posa” del soggetto ad uso e consumo dell’artista e dei suoi fruitori: le ragazze di Bovalino o quelle, un po’ più agghindate, di Serra a Stignano, così come il viandante fra San Luca e Polsi, la donna che fa il bucato a Canolo o il riposo dei pastori a Stilo, sono soggetti ritratti con un naturalismo inusuale per la paesaggistica dell’epoca. Semmai, quello che, nei disegni, non traspare in nessun caso è lo stato di agitazione legato all’evolversi dei moti in cui suo malgrado, Lear si trovò coinvolto. Qual era, quindi, la vera situazione della Calabria in quel fatidico 1847? La storia della Calabria è complessa, ma non v’è dubbio che il Grande Tremuoto del 1783 avrebbe dovuto rappresentare una censura netta col passato; un’occasione, in fondo, per una palingenesi che restituisse, almeno in parte, quella kalokagathìa perduta e mai più ritrovata. Il susseguirsi degli eventi successivi, invece, spesso straordinariamente infausti, e non solo sotto il profilo del degrado territoriale, alimentò, invece di debellarlo, il secolare ribellismo calabrese, incanalandolo in due filoni antipodicamente contrapposti: il liberismo, anticipatore della grande stagione del Risorgimento italiano, da una parte, il banditismo, talora con tratti di sanguinaria selvaticità, dall’altra.