Accadde come quando capita di tirare un sasso a una frotta di gabbiani, appollaiati su un piede e dormienti lungo la riva del mare, che tutti improvvisamente e disordinatamente si alzino in volo per fuggire il pericolo. Allo stesso modo il panico assalì quelli che stavano nel salone degli Alberti in quella santa notte di Pasqua, spingendo ognuno a cercare disperatamente una via di scampo per mettersi in salvo. Ma proprio quella reazione fu la molla, a meno che ciò non fosse già nelle intenzioni di qualcuno, per cui tutti quegli uomini si mettessero a sparare e si lanciassero come belve inferocite a finir coi pugnali i miseri corpi di quelli che erano stati colpiti e ad iseguire quelli che ancora cercavano scampo nella fuga...
Il romanzo è ambientato nella Calabria spagnola della seconda metà del XVII secolo, e l'Autore tra l'altro cerca, attraverso l'analisi delle condizioni storiche e sociali del tempo, di individuare alcuni degli elementi che hanno contribuito alla formazione di quel carattere delle popolazioni meridionali da alcuni studiosi definito "familismo amorale".
La trama narra dell'amore di Bernardino Abenavoli, il barone di Montebello e discendente da uno degli eroi della famosa "Disfida di Barletta", per donna Antonia Alberti della Terra di Pentedattilo. Questo amore è fieramente contrastato dal fratello di lei, don Lorenzo, marchese di Pentedattilo, e la notte di Pasqua dell'anno 1686 il barone la rapisce e, suo malgrado, tutti i famigliari della ragazza e gli amici che erano con loro vengono trucidati da quegli stessi uomini che egli aveva al suo seguito (La strage degli Alberti!).
Al barone di Montebello viene coralmente attribuita la responsabilità della strage e lentamente la rugginosa macchina poliziesca spagnola si mette in moto per catturarlo. Egli, comunque, ha il tempo di sposare Antonia e di riparare, dopo averla lasciata al sicuro in un convento presso Reggio Calabria, a Malta. Qui si arruola sotto falso nome nell'esercito dei Cavalieri di Malta e, dopo qualche tempo, passa nell'esercito asburgico col grado di capitano. È col Duca Carlo V di Lorena, quando gli eserciti imperiali entrano a Buda, abbattendo il dominio turchesco. Ma proprio qui, ironia della sorte, viene riconosciuto da un suo concittadino e, accusato, viene deferito alla Suprema Corte Militare perché venga giudicato per la strage di Pentedattilo. Lo salva l'imperatore d'Austria in persona, Leopoldo I, e lo reintegra nell'esercito con i gradi che già aveva. Muore combattendo contro i Turchi su una nave austriaca il 21 agosto del 1687.